L’alternanza calcetto-curricula evocata dal ministro del Lavoro non li scandalizza. Liquidano la faccenda con un’alzata di spalle
perché «servono l’uno e l’altro». L’unica alternanza che gli studenti medi, un migliaio, riuniti all’istituto tecnico Galilei di Roma vorrebbero funzionasse come si deve è quella scuola-lavoro, diventata legge tre anni fa in Italia con la “Buona scuola” che ha introdotto l’obbligo di 200 ore negli ultimi tre anni di liceo e di 400 ore negli istituti professionali.
Ci pensa la Cisl Scuola, la segretaria Maddalena Gissi e Marco Bentivogli della Fim, ad organizzare questo faccia a faccia a tre, che potrebbe anche essere una partita di calcetto, studenti-professori e ministro per vedere di trovare la quadra su quella che gli stessi ragazzi definiscono «un’innovazione importante realizzata però, almeno finora, per lo più male».
L’idea del confronto diretto domande e risposte poteva essere un rischio visto che tutto quello che porta su di sé il cappello della Buona scuola è destinato a fischi, critiche e bocciature. Il merito della mattinata è stato quello di mettere tutto sul piano dell’ascolto e dell’approccio problematico. Dal basso e dall’alto. Il positivo e il negativo, l’entusiasmo di qualcuno e la critica – mai la polemica fine a se stessa – di altri. Così la ministra Fedeli ha potuto poi tirare un bilancio e fissare alcune importanti scadenze. Nell’anno scolastico 2017-20181: Alternanza passerà dalla fase «sperimentale a quella strutturale». Riguarderà un milione e mezzo di studenti (quest’anno siamo a 653 mila). Per questo, a partire da settembre, saranno avviate tre operazioni: «Un sito al Miur dove segnalare tutti gli abusi e le irregolarità che si riscontrano durante l’Alternanza»; la messa a punto della «Carta dei Diritti e dei doveri per gli studenti in Alternanza»; «modelli e schemi standard sui contenuti che deve avere il percorso di alternanza»; «un migliaio di tutor operativi nelle scuole per evitare che l’improvvisazione prevalga sulla necessaria progettazione». In arrivo anche 140 milioni dal Pon scuola oltre ai 100 già previsti dalla Buona scuola. E quando Mattina Baggio-Ducarne dell’istituto Virginia Woolf prende il microfono per chiedere se «riuscirete a mantenere le vostre promesse?», la ministra Fedeli chiede di cancellare quella parola. «Qui nessuno promette nulla, il nostro è un progetto con un cronoprogramma che vogliamo realizzare».
Una buona idea realizzata a volte bene, più spesso male. È questo il giudizio degli studenti e delle studentesse che pure applaudono professor Leonardo Becchetti, docente di economia politica a Tor Vergata, teorico della «felicità sostenibile» che con slide e video spiega come «la felicità generi attività» e perché non sia vero che «la rivoluzione digitale cancella posti di lavoro. È semplicemente impossibile». Restano affascinati, gli studenti, dal rettore di Udine Alberto Felice De Toni che tesse l’elogio della conoscenza che «non vale nulla ma è tutto».
A maggior ragione l’Alternanza scuola-lavoro è un’occasione che non può essere sprecata. «Occorrono percorsi e verifiche chiare sull’alternanza scuola-lavoro» ha detto la segretaria generale della Cisl Annamaria Furlan. Che dà voce ad una delle accuse più gravi: «L’alternanza è un ponte tra scuola e lavoro, un elemento importante anche della didattica. Purtroppo spesso alcune esperienze di apprendistato e soprattutto i tirocini hanno perso la valenza formativa per diventare un abuso nel mercato del lavoro. Non possono diventare forme di lavoro sottopagato». Il ministro Fedeli aveva messo in guardia dalla «straordinaria confusione» che c’è stata tra percorsi di alternanza scuola-lavoro che sono «una nuova didattica», una nuova materia scolastica, e la formazione professionale che invece è tutt’altro. CONTRARIO Gianmarco: «Manca integrazione tra scuole e aziende»
La rete degli studenti medi boccia l’Alternanza. «Non c’è stata preparazione per la messa in atto di una giusta offerta»
Ma sai che ho ragazzi che hanno fatto alternanza scuola lavoro in un canile a lanciare palle ai cani? E altri che hanno dovuto fare le loro ore il 24 dicembre o la domenica? Uno ha pulito la casa del datore di lavoro…».
Gianmarco Manfreda è già un leader. Ha 21 anni ed è il responsabile del Coordinamento nazionale degli studenti medi. Studia ingegneria dell’energia a Pisa. Carino, spettinato, zaino in spalla, è il portatore ufficiale delle critiche alla legge Alternanza scuola-lavoro. Che sono, assicura, «parecchie. Basta sentire cosa arriva al nostro numero verde…».
Stamani, però, non sei stato così duro nelle critiche.
«È importante che si parla di Alternanza scuola lavoro (acronimo ASL, ndr). Noi non vogliamo buttare tutto, l’idea di fare prove di lavoro negli anni della scuola secondaria è sacrosanta. Come spesso succede, però, in Italia abbiamo scelto la via peggiore per realizzare una cosa giusta».
Entrando nel famoso merito, cosa criticate?
«La fretta e l’approssimazione. Si è voluto buttare nei programmi didattici queste 200 ore obbligatorie per gli studenti dei licei e 400 per gli allievi degli istituti professionali senza preoccuparsi di un processo di integrazione tra scuola e aziende che doveva accadere prima».
Cioè?
«Agli insegnanti è stato detto “fate questo e arrangiatevi”. Con le aziende pubbliche o private presso le quali gli studenti devono fare l’alternanza, è successo più o meno la stessa cosa. Insomma, nessuno era pronto ad avviare un’esperienza che approviamo in linea di principio».
Anche stamani però abbiamo sentito testimonianze positive. I numeri poi sono in grande crescita. Perché?
«I numeri crescono e cresceranno ancora perché l’Alternanza sta andando a regime in tutto il paese. Le esperienze fortunate esistono, per fortuna, ma dal nostro osservatorio della rete degli Studenti medi posso assicurare che sono un’eccezione, non rappresentano la regola. La maggior parte dei casi parla di ore buttate via in esperienze inutili».
Crescono anche le aziende presso le quali fare l’Alternanza.
«In Italia non esiste una cultura della formazione scuola-lavoro. E non si può improvvisare. Ripeto: speso i ragazzi in luoghi dove non ci sono attrezzature, non esistono tutor, non c’è continuità tra il percorso didattico in classe e quello fuori».
Cosa proponete?
«Abbiamo fatto un sito, alternanzagiusta.it Cominciamo dalla verifica delle reali opportunità che offre un’azienda». FAVOREVOLE Federico, 16 anni: «Le ore di lavoro fanno la mia scuola interessante»
Studente in un istituto tecnico, ha curato i bilanci in uno studio privato insegnato l’uso del web ai più anziani
È tra i primi che si iscrive a parlare. Ci vuole fegato davanti al ministro e in un’aula magna da oltre mille posti affollata anche nei posti in terra. «Sarò breve – dice – mi chiamo Federico Lobuono, ho 16 anni, frequento il terzo anno dell’istituto tecnico Giorgio Ambrosoli di Roma e sono qui per dirvi che la mia prospettiva è cambiata da quando esiste l’Alternanza scuola-lavoro. Ci sono problemi, difetti e cose che potrebbero andare meglio, ma sono convinto che la nostra scuola sia infinitamente migliore da quando c’è l’obbligo di fare esperienze nel mondo del lavoro reale». Più tardi c’è tempo di approfondire il punto di vista di Federico.
Problemi ce ne sono, uno su tutti il rischio che queste ore di lavoro presso privati diventino una forma di sfruttamento…
«O che siano qualcosa di perfettamente inutile, tempo perso. È vero, molti ragazzi lo dicono. Ma sono rischi e difetti che è possibile correggere. Il principio è quello giusto: aiutare i ragazzi ad uscire dal recinto della scuola, confrontarsi con il mondo del lavoro, scoprire le proprie attitudini, quelle che chiamano le soft-skills. Maneggiare la vita vera è un’esperienza che nessuna scuola e nessuna didattica possono offrire».
Qual è stata la tua esperienza?
«Ho appena concluso due settimane, per un totale di 80 ore, presso uno studio commerciale che si occupa di gestione di condomini. Ho lavorato 8 ore al giorno, pausa pranzo compresa. La sera ero felice».
Come ti hanno impiegato?
«Relazioni con il clienti, esame del bilancio dello studio e dei singoli fascicoli, contabilità, le materie che studio applicate alla vita vera. Prima ho fatto un corso di comunicazione e uno di sicurezza sui luoghi di lavoro, ad esempio che fare in caso di terremoto».
L’Alternanza è obbligo dal terzo anno delle superiori, circa 400 ore in tre anni. Cosa immagini ora?
«Questo è il mio primo anno a Roma. Abitavo a Lecce e già l’anno scorso ho potuto sperimentare l’Alternanza. Alcuni ragazzi del mio istituto sono stati impiegati da una cooperativa che aveva organizzato corsi di tecniche digitali e i primi rudimenti dei social ai loro soci più anziani. Posso dire che mi sono divertito? Ho capito che insegnare è difficile».
Prossime esperienze?
«A me piace la comunicazione. E la politica. Allora ho telefonato avarie redazioni per fare un’esperienza nel giornalismo. Un’agenzia di stampa mi ha preso. A quel punto è subentrata la mia prof che ha definito tutti i passaggi tecnici e un gruppetto di noi farà un’esperienza presso un’agenzia di stampa. Esperienze scuola-lavoro possono partire anche dalla nostra curiosità, dai nostri interessi». Federico ha creato da qualche mese una pagina Facebook. Si chiama «Pischelli in cammino». È un esperimento di comunicazione politica.
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