La continuità didattica è importante, lo è ancor di più nei percorsi di integrazione degli studenti con disabilità; per l’efficacia di tali percorsi non è l’unico fattore, ma è certamente molto importante e andrebbe favorito anzitutto con una stabilità degli organici che in gran parte non c’è. Ne consegue un inevitabile, massiccio ricorso a lavoro precario, che per sua natura è l’antitesi della continuità. L’obiettivo di una progressiva stabilizzazione dei posti attivati annualmente, indicato già in Legislature precedenti, ci vede ancora molto lontani dal traguardo, anche perché le norme che fissavano la percentuale di posti da stabilizzare facevano riferimento a situazioni ormai lontane nel tempo e non tengono conto della “lievitazione” dei posti di sostegno intervenuta in seguito. Un fenomeno tutt’altro che negativo, perché è la diretta conseguenza di un primato di cui andare orgogliosi, quello che fa della scuola italiana, in ambito internazionale, il sistema di istruzione più inclusivo. Resta il fatto che lo scarto tra organico di diritto e posti effettivamente necessari rimane altissimo, poco più di 90.000 posti in diritto a fronte dei 140.000 complessivamente attivati. Un dato che si commenta da sé.
Va detto tuttavia che se anche la stabilizzazione fosse pienamente realizzata, dovremmo fare i conti con un secondo fattore decisivo, che è quello del numero di docenti forniti del titolo di specializzazione necessario per poter essere assunti in ruolo su posti di sostegno. Un numero che è ben lontano dal fabbisogno, e qui entrano in ballo anche le modalità con cui si definisce l’attivazione dei percorsi formativi, oggi affidati alle Università. Da tempo stiamo denunciando una situazione che ha del paradossale: pur essendo necessario, ogni anno, attivare un numero elevatissimo di posti in più rispetto all’organico di partenza, per autorizzare le Università a organizzare i percorsi di specializzazione il MEF assume come parametro di riferimento proprio i posti vacanti sull’organico di diritto, con inevitabili effetti restrittivi. Esattamente l’opposto di quanto servirebbe, e forse varrebbe la pena ragionare anche su possibili alternative all’attuale affidamento dei percorsi di specializzazione alle sole Università, così come andrebbe affrontato seriamente il problema dello squilibrio fra aree territoriali, con situazioni nelle quali la disponibilità di docenti specializzati è particolarmente carente. La CISL Scuola sta comunque completando in questi giorni una sua ricerca, di cui presto verranno resi noti gli esiti, per dimostrare quanto il problema della carenza di specializzati riguardi oggi sia le assunzioni in ruolo che il conferimento delle supplenze. Da qui la necessità di affidare un numero molto rilevante di posti a personale non specializzato, una situazione che inevitabilmente si riflette anche nella valutazione del tema da cui siamo partiti, che è quello della continuità.
Un tema sul quale da sempre i contratti, in particolare quelli in materia di mobilità, pongono la dovuta attenzione. Proprio per favorire la continuità è stata introdotta nel nuovo contratto una disposizione che la CISL Scuola ha fortemente voluto, avendo su questo ricevuto preciso mandato anche nel suo ultimo congresso, quella per cui si pone fine alla deprecabile consuetudine delle supplenze conferite “fino all’avente diritto”. Tocca ora all’Amministrazione adoperarsi affinché il principio possa essere pienamente applicato, evitando che la pubblicazione delle graduatorie delle supplenze avvenga in corso d’anno scolastico, assicurandone invece che sia fatta prima dell’avvio delle lezioni, comunque entro il 31 agosto.
Anche su queste problematiche, come si può vedere, la sede più giusta e più opportuna in cui intervenire resta quella contrattuale, nella quale noi siamo pronti a confrontarci in qualunque momento.
Roma, 30 luglio 2018
Maddalena Gissi, segretaria generale Cisl Scuola